30/12/09

ACQUA!!!


Trascrivo di seguito un intervento sulla "bufala" legata alla privatizzazione dell'acqua che gli amici di Abruzzo Liberale hanno voluto ospitare sul loro quotidiano on line: http://www.abruzzoliberale.it/index.php?option=com_content&task=view&id=8092&Itemid=1.
Ovviamente, anche il Comune di Pianella si è voluto distinguere per l'approvazione della mozione pro "partito dell'acqua".
Ce l'hanno (ri)data a bere
30 dicembre 2009
Parafrasando il titolo del libro di Alessandro Biancardi sullo scandalo dell’acqua avvelenata in Abruzzo, possiamo affermare che, in merito alla famigerata vicenda della “privatizzazione dell’acqua”, abbiamo subito la stessa somministrazione di notizie (fortunatamente stavolta solo quelle) ampiamente adulterate.
Ahinoi, lo dico da contribuente italiano, non c’è nessuna “privatizzazione” dell’acqua in Italia se non il fragile tentativo di arrestare, mediante alcuni accorgimenti tecnici, la degenerazione che molte (non tutte) le società pubbliche operanti in regime di monopolio hanno manifestato nella gestione dei settori di acqua e rifiuti nell’ultimo decennio.
In questo senso l’Abruzzo rappresenta proprio quello che si potrebbe definire un “laboratorio”, visto che non è mancato proprio nulla: dalla ricordata vicenda della immissione nelle condotte di acqua al tetracloruro, alle indagini penali per associazione per delinquere sulle società “in house”, alle disastrose gestioni delle aziende pubbliche.
In tale contesto, probabilmente inconsapevoli del fatto che il nostro Paese è ampiamente inserito nel mondo occidentale ed ha sviluppato ricchezza e benessere grazie “alla mano invisibile del mercato che trasforma l’interesse individuale nel benessere collettivo”, assistiamo al proliferare di mozioni ed emendamenti, approvati a larghe maggioranze dai più svariati consessi politici che non si fanno scrupolo di veicolare in atti ufficiali e persino nei loro Statuti concetti definiti su “L’Espresso” da Luigi Zingales come frutto di una distorta visione “veteromarxista”.
Proprio la Regione Abruzzo, dalla quale era lecito attendersi maggiore cautela con riferimento alla singolare situazione che la riguarda, non ha voluto sottrarsi alla approvazione di un emendamento al DPEF che la impegna a “garantire la gestione pubblica del servizio idrico” (sic!).
Il quadro attuale: la gestione dei servizi pubblici locali dei settori idrici e di igiene nel 2005 vedeva questi settori, per un terzo i primi e per il 40% i secondi, denunciare perdite consistenti, comodamente “allocate” nelle imprese pubbliche per alleggerire i bilanci comunali e ciò a non voler considerare le ulteriori degenerazioni legate al perverso meccanismo di coartazione del consenso, conseguente alla tentazione di incrementare il sistema clientelare mediante la gestione diretta di posti di lavoro, consulenze, appalti ecc..
Sempre per restare al “laboratorio”, l’A.C.A., gestore dei servizi idrici di Pescara, passa dai 5.678.818 euro di spesa per il personale del 2004 agli 8.604.826 euro del 2005 e spende in consulenze € 677.184,53 per il 2002; € 901.203,40 per il 2003; € 331.486,00 per il 2004 ed € 280.195,00 per il 2005.
L’ATO pescarese, la n. 4, ha fatto ancora meglio, poiché nella relazione annuale al Parlamento sulle risorse idriche del Co.Vi.Ri. (Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche) del maggio 2008, si evidenzia come la stessa abbia registrato una spesa per il personale pari ad € 787.745,00, per 17 persone: record italiano assoluto.
Pescara, da sola, spende più dei 3 ATO umbri messi insieme e dell’ATO unico esistente per tutta la Basilicata e, se guardiamo alla sommatoria del personale degli ATO di tutta la regione Abruzzo, i 43 dipendenti per un bacino di 1,3 milioni di abitanti fanno impallidire il Veneto, dove a fronteggiare le esigenze di 5 milioni di persone ne bastano 39 e la Liguria dove 13 dipendenti soddisfano le esigenze di un utenza di 1 milione e mezzo di residenti.
Le norme: Una gestione virtuosa del denaro dei cittadini consentirebbe di destinare gran parte di questi ed altri sprechi verso investimenti e riduzioni di tariffe e, da sempre, solo la concorrenza, quella vera, garantisce il miglior servizio al prezzo più vantaggioso. La normativa del c.d. decreto “Ronchi” cerca timidamente di assecondare questo processo e, lungi dal privatizzare la proprietà dell’acqua, si limita a prevedere la necessità delle imprese (totalmente) pubbliche che vogliono gestire i servizi idrici di passare per una gara ad evidenza, appunto, pubblica, nella quale, se sapranno offrire un prodotto migliore ad un prezzo concorrenziale, saranno preferite ad altri concorrenti.
Pertanto, se le imprese pubbliche sono realmente efficienti, si aggiudicano la gara senza troppa difficoltà, atteso che non hanno nemmeno la necessità di raggiungere gli obiettivi di profitto che animano l’impresa privata, mentre se sono talmente inefficienti e carenti da risultare perdenti, in quanto necessitano di una tariffa elevata, persino contro una impresa privata, allora non si potrà che salutare con favore una loro esclusione.
Ma nemmeno questo avverrà sempre, poiché l’ente pubblico potrebbe comunque decidere l’affidamento diretto, ma in tal caso il legislatore gli impone di abbassare la propria quota di partecipazione al di sotto del 30%, ipotizzando in tal modo che il vulnus arrecato alla selezione del miglior concorrente dall’affidamento diretto, possa essere compensato dalla presenza maggioritaria del partner privato nella società “in house”.
Ci piacerebbe sapere dai promotori e, soprattutto, dai precipitosi votanti delle mozioni legate alla “privatizzazione” dell’acqua, cosa c’è di “emergenza democratica” (questa la frase contenuta nelle premesse della mozione di Rifondazione Comunista), in provvedimenti che cercano di avvicinare la nostra legislazione ai principi comunitari in materia di servizi ed alla moralizzazione in chiave di migliori risultati e minori costi, di un sistema di gestione delle risorse idriche che finora ha mostrato di essere una vera e propria sciagura, perlomeno in realtà come quella abruzzese.
I Correttivi: Se una critica deve essere mossa alla recente legislazione in materia di servizi pubblici locali è quella di avere fatto le cose a metà, come accaduto spesso per le finte “liberalizzazioni all’italiana”, quali Telecom, Enel, Autostrade. Manca, difatti, la previsione di un quadro di regole certe e definite e, soprattutto, di un sistema di controllo rigoroso, autorevole ed indipendente dalla politica locale che disincentivi i “furbetti del quartierino” dal tentare l’ennesima avventura propria con i soldi degli altri e lasci spazio ai veri imprenditori, capaci di portare competenze, risorse e capacità.
La priorità, infatti, sono gli ingentissimi investimenti dei quali necessita il settore idrico del nostro Paese (una stima per difetto parla di 60 miliardi nei prossimi dieci anni) che, senza un quadro certo di regole, rischiano di essere solo virtuali, come appunto accaduto per le autostrade.
Ecco, allora, che qualsiasi gara non è in grado di risolvere il problema se non la si incardina in un quadro di regole legate alla specificità del settore, quale appunto quella di prevedere nel contratto di gestione una quota vincolante e pianificata di investimenti, magari gestita direttamente dall’ente pubblico che poi ne ottiene il rimborso dal gestore mediante l’adeguamento del canone di affitto, come avviene in Francia.
Prospettive: Sfugge, alla luce di una lettura seria dei dati normativi e statistici, il senso di una mozione approvata all’unanimità dal Consiglio Regionale Abruzzese e da numerosissimi Enti Locali, i cui membri, evidentemente suggestionati dallo spettro (inesistente) di poter essere additati come i “mercificatori di un bene essenziale dell’umanità”, hanno preferito, al contrario di quanto predicava il buon Marco Pannella, “essere antipopolari piuttosto che impopolari”.
Ci consoli il fatto che la gerarchia delle fonti normative, all’apparenza anch’essa ignota ai membri degli enti locali nostrani, rende del tutto inefficaci le mozioni approvate di fronte alla normativa comunitaria e nazionale e che, forse, qualcosa di meglio del pessimo spettacolo offerto dai rubinetti di casa nostra e dalle bollette salatissime riusciremo in futuro ad ottenere, nonostante le mozioni ecumeniche dei nostri amministratori.
Sandro Marinelli

Nessun commento: